[interviste] RAFFAELE MORABITO | le (im)possibilità dell’immagine digitale

Proseguiamo nella conoscenza degli artisti di ArtexiCre 2018. Oggi intervistiamo Raffaele Morabito, nato nel 1994, si è diplomato in Pittura presso l’Accademia Carrara di Bergamo. Attualmente frequenta il Biennio Specialistico di Fotografia a Brera. L’abbiamo coinvolto per la sua originale riflessione sul tema delle immagini digitale e delle (im)possibilità espressive offerta dai social media.
Ci racconti cosa significa per Raffaele Morabito studiare fotografia?
Per me studiare fotografia vuol dire comprendere definitivamente quanto non mi interessi fare il fotografo tradizionale, ossia il fotografo legato all’uso quasi esclusivo della macchina fotografica e delle tecniche di stampa. Il mio studio si concentra invece sulla fotografia trovata (ndr per “fotografia trovata” si intende l’utilizzo, come fosse un ready-made, di fotografie preesistenti – quindi non scattate dall’artista con una precisa intenzione, che vengono impiegati come “documenti sentimentali” di persone comuni, scatti amatoriali talvolta sbagliati in quanto mossi, sfocati o sovraesposti, che l’artista riutilizza in un nuovo contesto, mutandone così il significato originario), la quale mi interessa per alcuni aspetti intrinsechi, a livello culturale e sociale, quali il tema della memoria, della morte e della traccia.
Raffaele Morabito nell'installazione GMPs
Raffaele Morabito nell’installazione GMPs
Parliamo dell’opera “I finished my 4G”. Spesso i tuoi lavori non hanno un soggetto che si risolve in modo immediato, quest’opera in particolare veicola un pensiero critico che riflette sulla società, sui social, ma anche sul concetto di fotografia stessa e il risultato è un riaffiorare di ricordi e fantasie. Lo stimolo per questo lavoro da dove è nato?
Quel progetto in particolare è nato in un momento di crescita della mia ricerca e di pura sperimentazione. Stavo studiando le possibilità fotografiche offerte dai social media e lo statuto della fotografia ai giorni nostri. In quel momento, nello specifico, avevo una promozione telefonica che mi consentiva un solo gigabyte al mese che ultimavo sempre troppo presto. È stato lì, con il nervoso provocato dal traffico lento, che mi sono reso conto di quello che succedeva su Instagram: le immagini non caricavano ed io ero intrappolato in un’attesa impaziente, forse per una bulimia di consumo di immagini, forse per una dipendenza inconscia da social network.
Raffaele Morabito, I finished my 4G
Raffaele Morabito, I finished my 4G
“I finished my 4G” verrà esposto al Patronato in uno spazio dedicato ai ragazzi delle medie e agli animatori, mentre le opere tessili GMPs verranno esposte presso il Museo Adriano Bernareggi nella sala dedicata ai capolavori, tra dipinti di Lorenzo Lotto e Daniele Crespi e saranno la chiave di lettura per i laboratori dei Minicre e per le famiglie. Cosa raccontano le tracce di pixel colorati stampati su questi teli di seta leggerissima?
I pixel della serie GMPs sono delle cellule impazzite che restituiscono l’errore genetico che le ha formate. Un’immagine ibrida, ogm appunto, che sfugge al pieno controllo dell’autore. Per l’esattezza ogni immagine che noi vediamo su schermo ci viene mostrata grazie a un suo codice grafico che la identifica, come se fosse il suo DNA. Allora io, come in un esperimento genetico, prendo il codice di una fotografia e lo inserisco in quello di un’altra immagine, creando un risultato totalmente nuovo e astratto come negazione dell’atto visivo. Ecco allora che GMPs e i pixel colorati risultati raccontano di un processo che come soluzione ci lascia un errore.
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Raffaele Morabito, GMPs, stampa su seta
Perché hai scelto di usare un telo di seta impalpabile? Quale valore hai dato alla funzione della luce e dell’aria che vivificano i teli?
La scelta del velo di seta voleva restituire, attraverso un ambiente percorribile e impalpabile, la fluidità delle immagini del contemporaneo, che scorrono, si spostano e si dimenticano all’istante.

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